Elisa Piemontesi fotografa PLUME
Elisa Piemontesi

Racconto storie uniche ed emozionanti attraverso lo storytelling fotografico ed il social media marketing, prendendo spunto da mondi diversi. Ciò che lega lo storytelling e la fotografia alla mia formazione in un'accademia per lo spettacolo sono, in effetti, la comunicazione e l'emozione. Quando si danza, si recita o si conduce si racconta una storia, si comunica un messaggio e si trasmettono emozioni. Ed è quello che faccio oggi sul web.

Visual storytelling & Coronavirus: quali fotografie per la comunicazione d’impresa

Visual Storytelling e Coronavirus, come cambia la fotografia di impresa oggi

Lo spunto per questo articolo è arrivato dalla email di una testata giornalistica. Ci chiedevano alcune fotografie per la pubblicazione di un articolo su un hotel del quale seguiamo marketing e storytelling.

La richiesta di immagini per l’editoria è una cosa che ci accade normalmente, se non fosse per la specificità della domanda: belle foto senza bambini, famiglie, persone.

In pratica la redazione aveva necessità di soggetti in cui venissero rappresentati interni e esterni privi di presenza umana, in quanto ritenuta sconveniente per la pubblicazione in questo periodo di emergenza.

È giusto evitare immagini di persone per la comunicazione – online o offline – ai tempi del Coronavirus?
Io e Lorenzo ci abbiamo pensato a lungo. Difficile dire cosa sia giusto o sbagliato: viviamo un momento senza precedenti, si può solo procedere seguendo la propria sensibilità, cercando un equilibrio adeguato tra tutti gli elementi del comunicare. Siamo tenuti a rivedere i parametri che conoscevamo, intervenendo sui tanti particolari della nostra strategia, fotografie comprese: sono il mezzo più immediato nella comunicazione.

Condividiamo con voi alcune riflessioni in merito alla scelta delle immagini per un progetto di visual storytelling oggi.

La presenza umana attira l’attenzione

Abbiamo sostenuto molte volte che il messaggio contenuto in una fotografia arrivi molto prima rispetto ad un testo scritto: non presenta barriere interpretative o linguistiche e riesce a suscitare emozioni immediate.
Nel leggere le richieste della redazione, abbiamo immaginato l’effetto dello scorrere pagine di giornali, siti web, bacheche di social media le cui foto riproducessero – senza persone – i luoghi della vita quotidiana: città, strade, edifici. È l’opposto di ciò che raccomandiamo: “Le persone si riconoscono nelle altre persone”, spieghiamo di solito. “Si confrontano con le vite di altri. Ritrovarne la presenza è un segnale rassicurante e fortemente comunicativo”.

Nel selezionare le immagini destinate ad un calendario editoriale, in genere prediligiamo fotografie in cui la presenza umana si percepisca: soggetti a figura intera o gruppi di persone; ove non sia opportuno riprendere i volti, ci concentriamo su qualche dettaglio.
Nel racconto visivo di piccole e medie imprese, mostrare clienti, collaboratori, i volti di chi eroga o beneficia di un servizio offre un contributo straordinario alla costruzione di un legame empatico.

visual storytelling coronavirus

E allora quali immagini utilizzare oggi per un visual storytelling?

Domanda legittima, ma senza risposta.
Ci aspettano mesi di continuo cambiamento, con grandi problemi da affrontare, nuove abitudini e diversi stili di vita. Chi lo sa come reagiremo di fronte a immagini che prima rappresentavano la normalità? Persone assembrate, strette di mano, abbracci solleveranno malinconia e ricordi, oppure frustrazione e rabbia? Arriveremo a rifiutare i brand che useranno scorci di una vita che il distanziamento sociale ora ci impedisce?

Sottrarre alla vista la figura umana forse non è la soluzione. Ma è necessaria la consapevolezza che i soggetti fotografici di sempre, oggi evocano pensieri ed emozioni che non avremmo immaginato.

 

Il nostro consiglio per chi gestisce un piano editoriale?
Iniziate scorrendo le immagini in vostro possesso, se avete costruito un buon archivio dedicato al visual storytelling, valutate quali fotografie costituiscano una possibile criticità. In questo momento, mentre scriviamo, eviteremmo immagini in cui vi sia contatto stretto tra le persone. Proponiamo alcuni esempi su cui riflettere:

Francesco Rizzuto e i Plumer

NOQuattro persone e un selfie. Situazione abituale fino a pochi mesi fa. Oggi il pensiero corre subito al mancato rispetto delle norme di sicurezza che impongono una distanza di almeno un metro le une dalle altre.

yesDue persone che camminano a qualche metro di distanza. Evocano il rispetto delle attuali norme sul distanziamento sociale.

 

Lorenzo-Lucca-orta

yesUn individuo isolato in uno spazio aperto. Fino a poche settimane fa ne avremmo colto aspetti introspettivi o solitudine. La quarantena aggiunge una nuova chiave d’interpretazione: allontanarsi da tutti e sentirsi protetti.

 

NìQuesta foto nasconde una criticità: tante persone assembrate sullo sfondo. Secondo noi, è meglio evitare per il momento.

mani

NODue mani che si stringono. La rappresentazione più stereotipata del concetto di unione assume oggi un tono cupo. L’immagine riconduce all’idea di contatto, comportamento chiave di contagio.

yesI dettagli del lavoro sono un evergreen. Alludono ad un frammento di vita, mostrano un’attività che non richiama necessariamente la presenza di altre persone.

Poche foto, poche storie.

Separate dal vostro archivio tutte le foto che per il momento non è il caso di usare, che sono poco adatte alla comunicazione. Quante fotografie restano? Vi renderete conto di un aspetto critico: se non disponete di un archivio fotografico ricco, rimarrà poco materiale per alimentare gli affamati piani editoriali dei vostri canali.

Correte ai ripari, smartphone alla mano.
Non abbiate timore a raccontare il presente con foto fatte da voi per sopperire alla carenza di contenuti fotografici, anche se non avete la tecnica del bravo fotografo: i social sono luoghi di narrazione della quotidianità. Nell’imperfezione l’interlocutore non vede un difetto ma uno specchio della realtà.

Leggi anche: Storytelling aziendale: i dieci magici poteri delle storie d’impresa

 

visual storytelling fotografia comunicazione di impresa

Dall’immagine brand-centrica al racconto in prima persona
I giorni clou della pandemia hanno portato ad uno stravolgimento nella comunicazione di tanti brand. Molti CEO di grandi marchi internazionali hanno sentito l’esigenza di accorciare le distanze e lanciare messaggi ai loro mercati pur dal salotto di casa. Si sono adeguati al fai da te abituale delle imprese più piccole con riprese video fatte dallo smartphone.

Ci siamo tutti allineati all’imperfezione accettando il compromesso di un mezzo – lo smartphone – che presenta qualche limite tecnico nel confronto con le più dotate fotocamere reflex. Ciò non toglie che vi sia un margine di miglioramento se cerchiamo un’estetica più gradevole.
Nel caso sarà senz’altro utile conoscere alcune accortezze per fare dello smartphone un alleato.

Visual storytelling fotografia smartphone

Cinque consigli + 1 per fare buone fotografie con lo smartphone

  1. Pulite la lente prima di scattare.
    Sembra un consiglio banale, ma è il modo più facile per garantire foto nitide e senza aloni. Anche lo smartphone più evoluto viene messo in crisi da un’impronta digitale sulle lenti. Provare per credere.
  2. Attivate la griglia.
    Cercate nelle impostazioni l’apposito comando. La griglia sovrapposta alla ripresa vi aiuterà a tenere il dispositivo in asse con il terreno e a dare equilibrio allo scatto. Le foto inclinate non sono artistiche, sono semplicemente storte.
  3. Un solo messaggio.
    Le immagini più efficaci sono quelle che contengono un solo messaggio. Pochi elementi, per non confondere chi guarda.
  4. Postprodurre.
    Basta un’app sullo smartphone per migliorare una fotografia. Snapseed, ad esempio: è gratuita e offre funzioni essenziali per ritagliare, regolare e curare l’immagine prima di pubblicarla.
  5. Scattate tanto e da diverse angolazioni.
    Il segreto è fare una grande quantità di foto: potrete selezionare tra le tante lo scatto migliore. Avrete inoltre a disposizione un tesoretto da cui attingere nel tempo.
  6. Il rispetto delle precauzioni anti-virus.
    Fate attenzione che i soggetti fotografati non vìolino quanto previsto dalle normative di sicurezza ove previsto, come le distanze e l’uso di guanti e mascherina.

In conclusione, fare visual storytelling oggi.

Autenticità e ascolto sono gli ingredienti per comunicare bene. Sentiamo che non sia buona cosa privare della presenza umana la componente fotografica del racconto, ma una certa sensibilità per gli stati d’animo attuali del pubblico va considerata. Oggi più che mai, il nostro consiglio è dimenticare le immagini generiche acquistate negli archivi stock preferendo soggetti visivi di situazioni autentiche. Rendete il messaggio personale e coerente con la vostra identità d’impresa: sarete vicini al vostro pubblico, anche se distanziati dai decreti governativi.

Trovate l’aspetto strategico del Visual Storytelling in questa pagina,e di visual storytelling per il mercato hospitality e turismo, ne parliamo anche nel libro Social e Hospitality di Giada Galbignani, Flaccovio Editore.

© Foto di Lorenzo Lucca ed Elisa Piemontesi – Isola di Andøy, Vesterålen, Norvegia
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