Esempi di storytelling, per capire i metodi delle piccole imprese
Gli esseri umani riconoscono un valore alle storie e perciò vi prestano attenzione. È la ragione per cui esse rappresentano uno strumento efficace anche nel marketing. Tante aziende hanno compreso le potenzialità dello storytelling nel condurre al cuore dei clienti.
Quando da consumatori compriamo un prodotto, scegliamo l’hotel per una vacanza o decidiamo di seguire un’azienda o un professionista su un canale social, spesso ad averci conquistati è la rappresentazione narrativa che abbiamo incontrato. Il suo storytelling appunto.
Mi piace il pensiero espresso da Andrea Fontana – sociologo della comunicazione – nel parlare di storytelling: “L’uomo è un animale narrante. Il nostro pensiero e la nostra memoria hanno una struttura narrativa, per cui comunicare narrativamente rappresenta un sistema di coinvolgimento profondo”.
Non compriamo un prodotto, acquistiamo una fetta di storia i cui aromi rivelano valori, interessi, bisogni e aspirazioni in cui ci riconosciamo.
Così si spiega la scelta mia e dei miei colleghi, quando fondammo Plume, di unire attorno ad un’unica, affascinante disciplina le nostre esperienze maturate in differenti settori della comunicazione aziendale.
Sviluppiamo strategie di storytelling per professionisti e piccole imprese. Ogni volta in modo diverso perché differente è il patrimonio narrativo che ogni impresa si porta in dote.
A testimoniarlo ci sono le cinque case study, esempi di storytelling, di questo articolo. Abbiamo selezionato progetti dal nostro portfolio per mostrare, risultati alla mano, quanto si possa fare comunicazione originale pur distanti dai budget stellari dei brand più celebrati. Perché le storie di quotidiana umanità delle imprese più piccole sono un ingrediente a costo zero.
Esempi di storytelling: il curioso caso dell’unico posto al mondo dov’è sempre Natale
Benvenuti in Piemonte e più precisamente in Valsesia. Ci troviamo ai piedi del Monte Rosa, il secondo massiccio per altezza delle Alpi ed il primo per quanto riguarda l’estensione. In questa valle sorge un paesino incantato: Riva Valdobbia, frazione di Alagna Valsesia.
Qui, fino a pochi anni fa, c’era un edificio abbandonato, una ex colonia, antico convitto di villeggiatura per classi poco abbienti.
Qualcuno ebbe l’idea di demolirlo ed al suo posto costruirci un albergo per famiglie: sfida intrigante. Era l’estate del 2014, c’era un territorio il cui turismo era in crescita ma la notorietà era ancora distante da altre mete montane di famiglia. Quelle del Trentino su tutte.
Si poneva perciò una questione fondamentale: convincere le famiglie a considerare Riva Valdobbia quale destinazione di una vacanza.
E qui entriamo in gioco noi e la stravagante idea di Stefano Cerutti, co-founder di PLUME, nonché futuro direttore della struttura ricettiva: fare del Mirtillo Rosso – questo il nome dell’hotel – l’albergo dov’è sempre Natale. Offrire cioè, tutti i giorni, le atmosfere, la magia, lo scintillio del momento più bello dell’anno.
La storia di quel curioso posto, l’albergo del Natale, inizia così. Nei giorni in cui gli operai si accingevano a gettare le fondamenta dell’edificio, nel cantiere della comunicazione si lavorava al racconto digitale da portare in scena, organizzando i canali, pianificando i temi narrativi, ponderando parole e immagini da utilizzare.
Un anno prima che l’albergo aprisse, già ne parlavamo su Facebook.
Un racconto in cui la componente visiva svolgeva un luogo chiave nel creare aspettativa. Io e il mio collega Lorenzo Lucca documentammo le tante sfaccettature dell’esperienza che i futuri ospiti avrebbero vissuto, organizzando specifici shooting fotografici: il territorio, le esperienze sulla neve, le tradizioni Walser della cultura locale, le persone che stavano lavorando al progetto. Per un buon racconto sui social servono sempre tante fotografie.
Nei mesi il racconto si faceva via via sempre più coinvolgente. Ho ancora il ricordo dei commenti entusiasti con cui la community dei social accolse il post del 23 dicembre 2015. Quel giorno annunciavamo l’apertura. L’hotel aveva già un bacino di persone che lo conoscevano e desideravano vederlo dal vero.
Da quel momento la narrazione online si arricchiva di nuovi contenuti: le attività quotidiane, gli eventi, i volti e le storie degli ospiti. Sui social, il tono gentile, leggero e informale ancora oggi stimola il dialogo, genera conversazioni che portano a prenotazioni, spesso via Facebook Messenger, saltando le procedure più formali del booking engine del sito.
Risultati degni di nota dello storytelling di Mirtillo Rosso
Due dati su tutti attestano la bontà dell’operazione.
Il primo: fin dall’inizio l’hotel riempie le proprie stanze quasi senza l’intermediazione delle OTA, tutti quei portali cioè che comparano tra loro le offerte degli alberghi. Chi prenota una camera al Mirtillo Rosso non sta cercando una camera ad un buon prezzo in un qualsiasi albergo della Valsesia: vuole vivere l’esperienza sentita sui social e che solo il Mirtillo offre, quella di un Natale fuori stagione.
Ad ulteriore conferma arriva il secondo dato: “Il 50% degli ospiti invernali di Mirtillo Rosso non pratica lo sci”. A dirlo è il direttore Stefano Cerutti commentando su Facebook la stagione 2019-20: “Quest’anno il 40% del nostro fatturato l’abbiamo fatto d’estate. Dunque lo sci incide per circa il 30%”. Valori eloquenti per un albergo collocato in una località sciistica conosciuta come Freeride Paradise, il Paradiso dello sci fuori pista.
Esempi di storytelling nel turismo: attorno al Monte Rosa, tanti segreti da scoprire
Spostiamoci un pochino e cambiamo prospettiva, allarghiamo gli orizzonti e proviamo a visualizzare una destinazione turistica più ampia: il Monte Rosa. Per la precisione mi riferisco ad un territorio che comprende, sul versante valdostano, la Val d’Ayas, la Valle di Champorcher e la Valle di Gressoney; su quello piemontese, la Valsesia.
Valle d’Aosta e Piemonte, due regioni separate da una montagna e unite su Internet. Dal 2017, i consorzi turistici delle quattro valli hanno costituito un team che racconta sul web il territorio, la cultura, le attività sportive e la parte culinaria che le caratterizza. Tutti assieme, un progetto comune, un unico storytelling che lega attività e destinazioni diverse. Con loro ci sono Monterosa S.p.A. e Monterosa 2000 S.p.A., le società proprietarie delle funivie che servono un comprensorio sciistico di circa 180 km di piste.
L’iniziativa Visit Monterosa nasce con l’obiettivo di:
- Valorizzare il territorio e le opportunità che offre al turista;
- Farlo percepire nella sua interezza e nelle diversità distintive di ogni valle;
- Informare un pubblico ampio ed eterogeneo, ai cui estremi ci sono gli esperti e i semplici curiosi.
La presenza online del Monte Rosa ha la voce di una decina di persone del luogo.
Non sono professionisti della scrittura, ma conoscono i posti perché vi sono nati, cresciuti. Amano la montagna, ne sono appassionati e in quel che scrivono si avverte competenza.
Noi di PLUME siamo al loro fianco fin dall’inizio per creare uno tra i più significativi esempi di storytelling nel turismo. Il nostro apporto consiste in tre attività:
- Formazione. I ragazzi della squadra Visit Monterosa utilizzano i metodi di narrazione digitale di storytelling sviluppati dal mio collega Fulvio Julita, applicano tecniche e princìpi di comunicazione e scrittura che via via insegnamo loro.
- Affiancamento. Il progetto di comunicazione segue un piano editoriale che abbiamo elaborato assieme. C’è un intenso calendario di pubblicazione su Facebook e Instagram, e il mio compito è controllare che i tempi di pubblicazione siano rispettati e i contenuti accurati: faccio la rompiscatole in pratica. :-)
- Analisi della presenza on-line. A Lorenzo Lucca spetta l’onere di verificare periodicamente i risultati conseguiti sui canali social, interfacciarsi con il loro sito web Visitmonterosa che li rappresenta tutti, affrontare le eventuali criticità della presenza online. Sulla base dei numeri, suggerisce e coordina gli interventi migliorativi.
Cosa c’è di speciale in questa strategia di storytelling?
Sicuramente il fatto che a raccontare siano persone locali: amano la cucina del posto, conoscono le tradizioni, suggeriscono spesso esperienze e luoghi inusuali, parlano di fatti, persone e imprese di cui hanno conoscenza diretta. Difficile trasmettere tanta autenticità e qualità di contenuto senza la padronanza degli argomenti.
Risultati degni di nota dello storytelling turistico
- Il pubblico della Pagina Facebook e del profilo Instagram è cresciuto costantemente; sono aumentate anche le interazioni (like, commenti, condivisioni) seppur sia stato minimo l’investimento in annunci a pagamento. Come conseguenza, alcuni post di Facebook raggiungono il 50% dei follower in modo organico, senza cioè Meta Ads, in alcuni casi superando in visualizzazioni il totale dei fan della pagina. Non male per una pagina che sfiora al tempo dell’attività i settantamila fan: considerate che in media i contenuti di una qualsiasi Pagina Facebook di quella portata spesso non arrivano al 2-3%, senza promozione a pagamento.
- Il clima che si respira scorrendo contenuti e commenti denota coinvolgimento emotivo. Si percepisce una crescente fiducia dei follower, sono sempre più rari gli episodi critici e aumentano i segnali di consenso e gratitudine. Il grande valore condiviso dagli autori della Pagina ha nel tempo diffuso un moderato spirito di appartenenza alla cerchia dei lettori.
- Nel confronto da luglio-agosto 2017 e 2019, il traffico verso il sito internet è abbondantemente raddoppiato. Il portale è oggi un autorevole punto di riferimento dell’area territoriale per la ricchezza delle informazioni presenti. Un lavoro costante di interventi migliorativi in coordinamento con i programmatori ha reso più intuitiva la ricerca dei contenuti e migliorato la fruibilità degli stessi. Significativo quanto l’incremento globale sia stato ancor più vistoso nei periodi di cosiddetta bassa stagione, quella estiva, quando era storicamente minore l’interesse dei turisti per il territorio.
Esempio di storytelling visuale: trasformare le piazze in luoghi incantati
“Buonasera signor Julita, mi hanno parlato del vostro lavoro. Credo che possiate fare qualcosa per me.”
“Volentieri. Di cosa si occupa?”
“Io creo il Natale”.
Quasi surreale il dialogo con cui iniziò il rapporto tra noi di Plume e Tullio Zenone, il mago del Natale.
Perché Tullio è così: si diverte a spiazzare chi non lo conosce. E quando lo conosci, ti conquista per la fantasia, la passione, l’originalità con cui affronta la vita. Fra le cose che più ama fare c’è piantare alberi. Un’eredità di famiglia, d’altronde: genitori e nonni erano contadini, i loro campi coprivano il morbido territorio collinare di Mezzomerico, un’area del novarese che sembra Toscana.
Me lo immagino un Tullio più giovane di oggi, lavorare la terra e lasciar correre i pensieri, pensando a cos’altro fare di quei terreni oltre a coltivare cereali, frutta e ortaggi.
In quei posti dai tempi dilatati avrà concepito l’idea che avrebbe cambiato la sua storia: alberi di Natale. Anzi, straordinarie scenografie natalizie per trasformare ambienti urbani in luoghi magici.
Dal 2014 ad oggi, da quella prima telefonata, sono cambiate molte cose nella sua vita. Quell’idea del Natale era allora un germoglio; oggi Tullio Zenone è il primo nome che trovi su Google quando cerchi qualcuno a cui affidarti per vestire a festa uno spazio cittadino. I suoi alberi e le sue installazioni scintillano nelle piazze più belle d’Italia. E sui social.
Lo storytelling digitale penso per Tullio Zenone è fortemente visivo: al centro del racconto ci sono i luoghi delle installazioni, spesso immortalati in ore serali per esaltarne l’incanto. Le fotografie – mie e di Lorenzo Lucca – sviluppano ulteriori filoni narrativi: i backstage, ad esempio, quel che succede prima che si accendano le luci; e ancora la quotidianità nelle campagne dove ha sede la sua azienda agricola; le iniziative culturali a cui si dedica.
Lo storytelling per raccontare Zenone ha vissuto due momenti.
All’inizio Fulvio Julita si è occupato dell’impostazione strategica: definire gli obiettivi ed elaborare il piano editoriale. Ha pensato l’identità grafica, coordinato lo sviluppo di un sito adatto al progetto di visual storytelling, stabilito il tono della voce, scelto i canali social. Ha poi formato Tullio e il suo staff sui temi del web, allo scopo di allinearci tutti sulle aspettative e i metodi.
In seguito il progetto è passato a me e Lorenzo Lucca. Tuttora teniamo frequenti shooting fotografici per il visual storytelling, per documentare l’intensa attività di Zenone. Abbiamo adottato uno stile fotografico brillante, carico di calore e luce e scattato di sera e di notte, adatto a rappresentare le emozioni che si provano nei luoghi delle installazioni.
Mio è il compito di alimentare di storie e immagini il sito web, la Pagina Facebook e il profilo Instagram; a Lorenzo l’incarico delle attività SEO, quelle legate all’ottimizzazione di sito e contenuti in funzione delle logiche dei motori di ricerca.
Risultati degni di nota dello storytelling visuale
- Visibilità e riconoscibilità (nonché consapevolezza dei valori) del lavoro di Zenone il cui marchio è diventato indiscusso punto di riferimento per molti destinatari della comunicazione.
- Sono costantemente cresciute le richieste di preventivo, sia per gli allestimenti sia per il noleggio degli alberi di Natale vivi. La visibilità ha generato contatti e richieste spesso prestigiose, i cui sviluppi vengono puntualmente documentati nel sito, anno dopo anno.
Un esempio di storytelling aziendale: la narrazione di un progetto di restauro
Gio Ponti ed Ernesto Olivari. Il primo, fu progettista di fama internazionale, il secondo, all’epoca guidava un’azienda che era già un’eccellenza del design italiano, creatori di maniglie dal 1911. Quando le loro strade si incrociarono negli anni ’60, fu per la Chiesa di San Francesco Fopponino a Milano la cui costruzione era affidata all’architetto. Egli chiese all’industriale novarese di produrre le maniglie “a cono” per le porte. Le pensò essenziali e leggere, in sintonia con l’architettura rastremata dei pilastri e delle travi.
Tempo prima Ponti aveva commissionato a Olivari la maniglia “a lama” per il grattacielo Pirelli. Insomma, aveva radici profonde il rapporto tra i due uomini.
Questa la ragione dell’entusiasmo con cui anni dopo, l’azienda Olivari accolse la richiesta dell’attuale parroco della chiesa milanese: ripristinare venti lampadari in ottone disegnati da Ponti per la navata centrale e dismessi dagli anni ’80.
Nacque così Gio Ponti Relight, operazione della cui comunicazione ci occupammo nella primavera del 2018.
Organizzammo su Facebook uno storytelling articolato con differenti prospettive. Il profilo dei protagonisti, gli episodi storici, i luoghi, le scelte progettuali, le fasi del processo di restauro: questi i temi narrativi stabiliti da Fulvio Julita con il committente.
Affidammo il racconto a lunghi testi e tante immagini: fotografie e disegni d’archivio, scatti eseguiti in chiesa prima e dopo l’installazione ed altri ancora (miei e di Lorenzo Lucca) negli stabilimenti Olivari nei giorni del restauro. Un’intensa attività narrativa che accompagnò il marchio per quasi tre mesi, fino all’annuale evento clou del settore: la Milano Design Week.
Leggi l’approfondimento: Olivari e Gio Ponti Relight: la narrazione sui social di un progetto di restauro
Risultati degni di nota dello storytelling aziendale
- Forte interazione del target di riferimento (in gran parte operatori del mondo della progettazione), raggiunti attraverso le inserzioni a pagamento di Facebook.
- Sold out di iscrizione alle visite guidate organizzate alla Chiesa di San Francesco Fopponino per ammirare la maestria di Gio Ponti. Oltre ad una grande storia che è sempre bello leggere e raccontare nuovamente.
Lo storytelling in tempo reale, il racconto di un evento
Come trasmettere l’essenza di un evento attraverso i social? Come restituire il valore dell’esperienza senza scadere nel banale? Come farlo in diretta, negli stessi attimi in cui si svolgono i fatti? La prima volta che io, Lorenzo e Fulvio ci confrontammo sull’argomento fu per la tappa milanese di un tour di Roberto Re, formatore e mental coach.
Sperimentammo qualcosa di nuovo quella sera, facendo in tempi stretti quel che eravamo soliti fare più rilassati: fotografare e scrivere. Per cinque ore raccontammo in tempo reale sulla pagina Facebook dell’organizzatore i passaggi chiave dello speech, abbinandoli alle fotografie scattate pochi istanti prima.
Uno storytelling fatto di ascolto, osservazione ed elaborazione che mise a dura prova la nostra capacità di concentrarci sui dettagli più rilevanti, ma che ci arricchì della consapevolezza di aver trovato una formula di narrazione davvero originale.
Per farlo con uno storytelling reale ed efficace serve scattare migliaia di fotografie in un giorno e saper cogliere in sintesi i concetti più memorabili nel discorso di ogni oratore.
SEO&Love è un evento annuale – ideato da Salvatore Russo e Giulia Bezzi – dedicato alla buona comunicazione digitale. Ogni edizione porta sul palco, a Verona, alcune tra le più brillanti teste pensanti del digital marketing in circolazione. Raccontarne la sostanza significa fermare attimi e dettagli, riportare spunti, riflessioni, pensieri che ispirino e aiutino a capire in quali direzioni il web si stia evolvendo.
Ci siamo ripetuti in altre occasioni da allora. Ad esempio al SEO&Love nell’edizione 2019: io e Lorenzo per le fotografie del visual storytelling, Fulvio per i testi della narrazione. Assieme a noi, questa volta, un nutrito gruppo di collaboratori reclutati tra gli studenti IUSVE.
Risultati degni di nota di questo storytelling in tempo reale
- Significativo coinvolgimento dei follower in tempo reale e in maniera organica, anche nei giorni successivi anche grazie alla condivisione di chi era presente all’evento;
- Valorizzazione della presenza di relatori, sponsor, organizzatori ed ospiti speciali;
- Disponibilità di materiale fotografico per creare un visual storytelling destinato a durare nel tempo, per gli strumenti web, la narrazione aziendale e la promozione degli eventi successivi.
Un esercizio di storytelling: l’esempio di un racconto di viaggio
Volare lontano, immaginare mete ancora non visitate, immergersi in una realtà nuova attraverso le esperienze di altri. Ecco quello che un racconto di viaggio può suscitare nel lettore.
Ho iniziato a narrare i miei viaggi per imprimere nella memoria momenti, volti, profumi ed emozioni vissute. È anche un modo per unire due delle mie passioni: lo scrivere e la fotografia. Una pratica utile nel lavoro che faccio, il raccontare le imprese.
Nei corsi di fotografia per lo storytelling d’impresa, io e Lorenzo illustriamo l’uso di diverse piattaforme adatte allo scopo. Come Adobe Spark, ad esempio. È gratis e risulta utile per la creazione di lunghi racconti su un’unica pagina web: il testo si fonde con le immagini, crea suggestivi effetti visivi. A noi piace molto perché è facile da usare e genera fotoracconti semplici da condividere.
Vi mostro un recente racconto di viaggio: Zanzibar, un’isola che rapisce per i colori del mare e la cultura, che tocca il cuore per l’umanità della sua gente. Buona lettura, buona visione e tante buone storie! ;-)
Nel libro Raccontare le imprese trovi esempi pratici di come lo storytelling possa portare benefici a ogni piccola impresa
Le storie sono una risorsa a cui attingere per raccontarsi su internet, trovare nuovi contatti, costruire rapporti e vendere.
Libro: Raccontare le imprese
Autore: Fulvio Julita
Editore: Boré srl – Youcanprint
ISBN: 9788892690509
C’è altro ancora da sapere? Sì, molto altro. Se lo Storytelling è materia di tuo interesse, iscriviti gratis al Club Raccontare Le Imprese, un’iniziativa nata per diffondere cultura dello storytelling digitale tra i professionisti e le piccole imprese. |