Fulvio Julita storytelling social media marketing PLUME
Fulvio Julita

Mi occupo di storytelling d’impresa applicato a strategie di marketing digitale. Aiuto le imprese a comunicare meglio, valorizzare la loro identità e vendere. Ho scritto "Raccontarsi online - Dal freelance alle piccole e medie imprese: storytelling per il marketing digitale" (Hoepli editore).

I segreti della fotografia smartphone per lo storytelling d’impresa

Fa da computer, macchina fotografica, telefono, tv, lettore di musica e podcast, agenda, blocco appunti, diario, navigatore satellitare, ebook reader e tante altre cose ancora. Fedele, affidabile, ci accompagna ovunque, richiede poche attenzioni e restituisce tanto in cambio. Esagero se dico che il miglior amico dell’Uomo è lo smartphone?

Proprio di smartphone vi voglio parlare in questo articolo, anzi di fotografie scattate con lo smartphone, di come utilizzarle per narrare sui social le eroiche gesta di professionisti, di piccole e micro-imprese. Per approfondire l’argomento ho coinvolto Lorenzo Lucca ed Elisa Piemontesi, fotografi, specializzati nell’uso strategico del visual storytelling, ovvero la fotografia storytelling per il web marketing, nonché miei colleghi in Plume.

Li ho intervistati per Eroi, il podcast che parla di storytelling e imprese da raccontare.

Fotografia smartphone storytelling

© Le foto di questo articolo sono di Lorenzo Lucca ed Elisa Piemontesi.

Iniziamo con una domanda facile: davvero consigliate di utilizzare lo smartphone per fare storytelling sui social media?

Lorenzo Lucca: “Raccontare un’impresa spesso significa cogliere episodi che accadono e subito dopo sono il passato, se non hai la prontezza di fissarli nel tempo. Lo smartphone è lo strumento giusto per immortalare l’istante perché è sempre con noi, a portata di mano. È facile scattare fotografie, lavorarle attraverso le app e condividerle online. E la risoluzione delle immagini è più che adeguata alle esigenze del web”.

Fotografia smartphone per lo storytelling

Chiaritemi questo concetto: se imparo a fare fotografie con lo smartphone, posso fare a meno di un fotografo professionista?

Elisa Piemontesi: “Quando consigliamo di utilizzare questa tipologia di fotografia specifichiamo sempre che non è sostenibile realizzare tutte le immagini necessarie allo storytelling solo col proprio smartphone, salvo tu non sia un esperto. Non è una questione di mezzi, ma di conoscenza. Il lavoro di un fotografo professionista è comunque utile perché si possa disporre di materiale fotografico di qualità e in quantità sufficiente per alimentare un piano di comunicazione.
L’esperienza, la tecnica, la sensibilità del professionista non la compensi con uno smartphone, pur di ultima generazione.
D’altra parte avere ogni giorno a disposizione un fotografo è impensabile per una piccola impresa. Imparare ad usare lo smartphone nello storytelling, per immortalare alcune situazioni in prima persona, è un’ottima soluzione per raccontare il momento, l’attualità, l’imprevisto”.

Quindi la fotografia fai da te con lo smartphone non è un’alternativa al lavoro del fotografo professionista. Questo mi state dicendo?

Lorenzo: “Ci tengo ad una precisazione: c’è fotografo e fotografo, ognuno ha un proprio modo di intendere la fotografia e un proprio stile. Non tutta la fotografia è adatta alla narrazione sui social. La fotografia che noi raccomandiamo per lo storytelling non è quella costruita, ma è quella più naturale, spontanea, capace di descrivere l’attimo in modo realistico”.

Fotografia smartphone per visual storytelling

Perché è importante, secondo voi, trattare la fotografia sui social in modo strategico e non solamente come un abbellimento del contenuto testuale?

Elisa: “Immaginiamo di essere su Facebook, stiamo curiosando tra i post in bacheca: che cosa ti fa fermare a leggere un testo? Spesso è la fotografia abbinata al testo, la componente visiva. Il nostro cervello interpreta sessantamila volte più velocemente le immagini rispetto al testo. Gli esseri umani si sono abituati a interpretare con la vista ciò che li circonda.
Con la scrittura, il nostro cervello compie invece uno sforzo interpretativo: vede la parola, la trasforma in immagine e quindi assimila il contenuto.
La fotografia fornisce attenzione e riconoscibilità immediata“.

Quando diciamo alle persone che per i social e la narrazione dell’impresa vanno bene anche le fotografie fatte con lo smartphone, non vedo solo lo scettiscismo. C’è anche il timore di non essere all’altezza di produrre fotografie di qualità, pur disponendo di dispositivi evoluti. Cosa vogliamo dire a queste persone?

Lorenzo: “È normale vedere difetti nelle proprie immagini. D’altronde se vogliamo raccontare la realtà, dobbiamo pensare che la realtà non è perfetta: la perfezione esiste nella fiction, nei film, nella pubblicità, non nella realtà. Anzi l’imperfezione ci riporta con i piedi per terra.
Meglio imperfetti ma autentici, piuttosto che perfetti ma non credibili nella propria narrazione. Con lo storytelling digitale vogliamo portare le persone nella nostra quotidianità, non in un mondo immaginario, che non esiste”.

Elisa: “Cercare un buon compromesso estetico comunque va bene. Spesso per migliorare la qualità delle immagini prodotte con lo smartphone è sufficiente conoscerne pregi e difetti.
Oltre qualche principio di composizione dell’immagine. I cellulari di oggi sono in grado di produrre fotografie di qualità impensabile solo pochi anni fa, benché presentino ancora limiti nel confronto con le fotocamere tradizionali”.

Qualche suggerimento per fare buone foto con lo smartphone?

Elisa: “Innanzitutto tenere l’obiettivo pulito, visto che è facile sporcarlo usando il telefono. Inoltre evitare i luoghi con poca luce e prediligere la luce naturale: il flash su un telefono è davvero poco sfruttabile. Bisogna imparare a impugnare saldamente il telefono, per ottenere scatti più nitidi”.

Fotografia smartphone per visual storytelling

E poi c’è la regola dei terzi. Giusto?

Elisa: “Sì, esatto. Nell’inquadrare la situazione, possono essere utili alcune regole di composizione. Quella di più facile applicazione è la regola dei terzi: praticamente ogni smartphone consente di sovrapporre una griglia all’immagine in fase di scatto.
Per chi ha un iPhone, si va su Impostazioni > Fotografia e lì si attiva la funzione griglia. Su Android la procedura è molto simile.
La griglia che vedremo sul display è composta da due linee orizzontali e due verticali che dividono lo schermo in nove rettangoli. I punti di intersezione tra le linee sono detti fuochi, sono quelli su cui normalmente in un’immagine cade il nostro sguardo. È la ragione per cui, nell’inquadrare la scena è utile allineare il soggetto alle verticali o orizzontali e centrare in uno dei fuochi l’elemento di maggior interesse. Per esempio nell’inquadrare un volto, si tende a far cadere un occhio su uno dei fuochi”.

Fotografia storytelling smartphone regola terzi

Fotografia storytelling smartphone regola terzi

Fotografia storytelling smartphone regola terzi

Lorenzo: “Un altro consiglio: al momento dello scatto, osservate bene lo sfondo di ciò state inquadrando, per evitare elementi di disturbo: spesso al momento di scattare ci concentriamo solo sul soggetto e non facciamo caso a ciò che sta attorno.
In realtà come vedi, più che sulle funzioni dello strumento, quello che più conta è l’attenzione nella costruzione dell’immagine”.


Lorenzo non l’ha detto, ma c’è un segreto universale, il più importante di tutti, per fare buone fotografie…

Lorenzo: “Il segreto per avere buone fotografie è farne tante. Sulla quantità, qualcuna buona te la ritrovi tra le mani. Scherzo, ma fino a un certo punto. Il digitale ci offre possibilità che un tempo non avevamo: non ci sono più i costi delle pellicole e dello sviluppo che in passato incidevano sul lavoro del fotografo. Hai più spazio per sperimentare. La fotografia smartphone per lo storytelling è un punto di partenza ideale”.

Abbiamo detto che l’imperfezione è accettabile. Ciò non significa che le fotografie brutte vadano bene per raccontare l’impresa. Per fare buona comunicazione visiva serve trovare un certo equilibrio estetico. Le fotografie mosse, sfocate, buie o storte rimangono brutte foto e le brutte foto non piacciono a nessuno. Trovo a tal proposito curiosa una definizione che avete dato alla fotografia smartphone.

Elisa: “Sì, la chiamiamo fotografia self service.
È una semplificazione per distinguere i vari ingredienti di una strategia fotografica per un’impresa. Per raccontare l’impresa su più media, da quelli digitali a quelli del marketing tradizionale, servono almeno tre tipi di immagine: fotografie slow, fast e self service”.

Tre modi per intendere la fotografia, quindi. Ci spieghi meglio?

Elisa: “Usiamo il termine slow per riferirci alle immagini più istituzionali e patinate, quelle a cui la comunicazione cartacea ci ha abituati: le foto di prodotti o degli ambienti, quelle in cui serve mettere mano alla scena prima dello scatto, sistemare le luci, comporre gli elementi da inquadrare, far mettere in posa le persone.
La fotografia slow richiede preparazione dello scatto, competenze e attrezzature e soprattutto tempo di realizzazione. Senza contare la parte di postproduzione a cui le foto vengono sottoposte per eliminare difetti e imperfezioni.

A questa tipologia di immagini uniamo la fotografia fast: tanti scatti in tempi brevi. È la tecnica più vicina al classico reportage fotografico, quello giornalistico, in cui il fotografo si immerge nella scena e la riproduce cercando di trasmettere la realtà, senza interferire. È una fotografia adatta ai social media, meno costruita rispetto alle foto slow. In una giornata di reportage di tipo fast, noi arriviamo a fare qualche migliaio di scatti per poi tenerne buone poche centinaia.

E per finire, la fotografia self service, quelle fatte con lo smartphone, quelle delle situazioni da cogliere al volo di cui abbiamo parlato. Il fai da te, in pratica”.

Fotografia smartphone visual storytelling

Fotografia smartphone visual storytelling

Lorenzo: “La distinzione tra le tre tipologie dovrebbe far comprendere quanto la fotografia vada pensata seguendo criteri strategici, spesso pratici, e comunque non solo estetici. Insomma s’improvvisa meno di quanto sembri: lo spazio per l’improvvisazione c’è, ma è inquadrato in un progetto preciso.
In uno scenario così ecco che le fotografie fatte da un principiante con lo smartphone trovano una loro collocazione”.


Tanti fotografi professionisti dissentono da questa visione.

Lorenzo: “Alcuni, una parte di essi, vedono nella diffusione dello smartphone una minaccia per il loro lavoro. Per altri è una questione di integrità morale, e li capisco: se sei uno che ha dedicato tempo ad affinare la tecnica, che vive la fotografia con passione, la fotografia fatta non tanto con lo smartphone, quanto dall’utente inesperto con lo smartphone è una cosa da far rizzare i capelli.
Ho assistito a feroci confronti sulla questione: da una parte i puristi della tecnica, ineccepibile, della costruzione dell’immagine; dall’altra chi sostiene la tesi della fotografia che racconti in modo, pur imperfetto, una realtà autentica, non alterata”.

Quale sia il tuo pensiero in proposito è abbastanza chiaro…

Lorenzo: “Comprendo le posizioni degli uni e degli altri. La verità è che per la comunicazione oggi hai bisogno di più fotografie di un tempo. Una volta te ne servivano per un catalogo, un depliant, la carta stampata in genere e tutto finiva lì. Con pochi scatti te la cavavi. Sui social hai la necessità di alimentare la comunicazione giorno per giorno: ti servono tante foto.
Lo smartphone è utile per questo: puoi immortalare tanti attimi, anche i momenti imprevisti, fissi gli eventi nel momento in cui qualcosa accade davanti ai tuoi occhi.
E poi se nel tuo bar arriva George Clooney a bere un caffé, probabilmente non hai il tempo di chiamare un fotografo”.

Io credo che non sia solo la straordinarietà degli eventi a giustificare una certa flessibilità.
Ci sono anche questioni di budget nel caso di una piccola impresa; c’è l’impossibilità di concentrare in poche sessioni fotografiche la documentazione di certi lavori. E più sessioni, significa più costi.

Lorenzo: “Se voglio raccontare la quotidianità di un produttore di vino, ad esempio, c’è da documentare con le immagini il lavoro in vigna, attività differenti mese dopo mese, c’è una natura che cambia stagione dopo stagione, ci sono i giorni della vendemmia, quelli della pigiatura, la fermentazione, l’imbottigliamento. Insomma, se voglio fare le cose per bene, non me la cavo con un solo servizio fotografico. E una piccola impresa deve fare i conti con i budget disponibili.
Per questo dico che è necessario trovare un giusto equilibrio tra quantità e qualità: accetto qualche compromesso se non posso permettermi un fotografo, ma ci metto un po’ d’impegno per imparare a fare foto almeno dignitose”.

Le foto brutte non piacciono a nessuno e non fanno bene al brand.

Lorenzo: “Quando ti racconti sul web, puoi scendere a qualche compromesso estetico, ma fino ad un certo punto. Tu, Fulvio, citi spesso un dossier di TripAdvisor di alcuni anni fa che suggeriva esplicitamente agli albergatori di documentare con tante foto le proprie strutture, perché le foto sono un elemento fortemente condizionante nelle scelte del consumatore. Quel report diceva: pubblicate tante foto. Che siano belle, ma non troppo belle da sembrare finte.
In quel report del 2014, che purtroppo non è più reperibile online, i redattori facevano notare che le strutture con i voti più alti erano accomunate da due fattori: un’accurata gestione dei commenti e una consistente documentazione fotografica. Tante fotografie caricate sia dai proprietari, sia dai clienti
TripAdvisor – giustamente – non si spingeva a dire che quelle due caratteristiche fossero la chiave del successo, piuttosto interpretava quei due elementi come espressione di una più generale attenzione per la comunicazione e per il cliente”.

Chiuderei, ragazzi, se siete d’accordo, con un consiglio ancora per chi ci sta leggendo. Una volta scattata la foto, come posso migliorarla? Intendo dire: come posso farlo direttamente sullo smartphone?

Elisa: “Durante i corsi di fotografia smartphone per storytelling e web solitamente parliamo di Snapseed. È una app straordinaria, gratuita, distribuita da Google sia per iOs sia per Android. Ha moltissime funzioni: puoi ritagliare l’immagine, applicare filtri, lavorare su nitidezza, contrasto, luminosità e colore. Puoi modificare le linee cadenti ed eliminare semplici imperfezioni. Parliamo di interventi elementari: non è un software complesso come Photoshop e comunque adeguato per lavorare su un piccolo schermo, interagendo con le dita e non con un mouse”.

Con quest’ultimo suggerimento si chiude l’intervista. Tornerò con Lorenzo ed Elisa sull’argomento fotografia e visual storytelling in un prossimo articolo.

LEGGI O ASCOLTA. Questo articolo sulla fotografia smartphone per lo storytelling è disponibile anche in EROI | Un podcast che parla di storytelling e imprese da raccontare.